Riflessioni stimolanti all’incontro (ridotto) MZ di novembre sul lavoro.
Myriam ci aggiorna sulla sua certificazione come BCorp citando esempi interessanti come ad esempio Invento a Milano o il progetto chilometro verde
Pina ci racconta a voce le riflessioni sulla Cina che ha scritto anche nel suo breve documento. Riporto brevemente i miei appunti: Cina specchio del nostro futuro, immagine di produzione di bassa qualità decentrata, sovraffollamento ovunque e quindi sgomitare per avere spazio, poco spazio fisico ma tutti immersi nello spazio virtuale degli smartphone, realtà fisica inesistente perché nessuno la guarda, una app per ogni necessità sostituisce i contatti personali, Shanghai come esempio di una realtà moderna che distrugge i quartieri storici, di notte filmati proiettati sui grattacieli ma di giorno appare la realtà degradata, se la Cina è il nostro futuro cosa ne è del lavoro? Per noi il lavoro è identità e ruolo sociale, vedi conferenze casa della cultura di Francesco Varanini, lavoro vero e lavoro finto, ci troveremo con stipendi favolosi per chi gestisce le piattaforme e gli altri solo con reddito di cittadinanza / inclusione? Interessanti le riflessioni di Spaltro sul lavoro del futuro come contenitore vuoto. Mio figlio fa insieme il musicista e il magazziniere, ma forse fa il magazziniere per poter fare il musicista, il lavoro oggi è spezzettato e non dà più né sicurezza né ruolo sociale e noi come generazione non capiamo quel tipo di lavoro
Beppe: dobbiamo tenere conto di due elementi, il primo è il lavoro “spezzettato” che è oggi lo standard in tutto il mondo e il secondo è il fallimento dell’idea del ‘900 di poter “lavorare meno”
Pina: l’identità della nostra generazione era basata sul lavoro, ora come si fa con il lavoro (i lavori) di oggi?
Myriam: ma dobbiamo chiederci se era giusto far coincidere l’identità col lavoro? Secondo me no, sbagliavamo. E’ vero che all’estero poi sono molto più mobili, ma se ci pensiamo bene anche molti di noi da tempo fanno diverse attività contemporaneamente
Daniela: comunque sarebbe importante non perdere i diritti
Beppe: Rifkin dice che questo è solo il rodaggio di un cambiamento che deve ancora venire
Carlo: il relativo peggioramento che vediamo nei nostri paesi (per la prima volta i figli stanno peggio dei padri) è dovuto al relativo miglioramento di quello che era il terzo mondo, sono due aspetti della stessa medaglia: vedi l’immagine sulla distribuzione del GDP mondiale per aree
Beppe: nella mia esperienze nei paesi del Golfo ho verificato quanto sia difficile far star fermi i giovani professionalizzati, si tratta proprio di nomadismo, non hanno nessun attaccamento né alla località né all’azienda
Myriam: nomadismo, come le small houses americane, il movimento delle tiny houses
Beppe: uno dei problemi è che cambiare lavoro da noi è un disvalore, altrove no
Pina: dobbiamo imparare ad accettare il nuovo modo/mondo
Renzo: mi interessa la dicotomia globalizzazione / localizzazione, ma ricordiamoci che alcuni lavori non scompaiono e restano legati alla localizzazione, poi è vero che il doppio lavoro esiste da sempre, lo stato sociale non potrà più supportare le pensioni, il modello “nostro” è stato valido valido solo dagli anni ’60 del ‘900 al 2000 ora è tutto diverso
Carlo: io vorrei anche parlare delle nostre vite: ma noi che vogliamo fare? Vogliamo, cioè voglio inseguire un lavoro di successo oppure penso di passare al part-time per non fare un cazzo?
Beppe: la risposta la troviamo nella canzone Bitter Sweet Symphony dei Verve
Cause it’s a bittersweet symphony this life
Trying to make ends meet, you’re a slave to the money then you die.
No change, I can’t change, I can’t change, I can’t change,
but I’m here in my mold, I am here in my mold.
But I’m a million different people from one day to the next
Morale (?):
- abbiamo generalizzato una “bolla”, una situazione particolare che è durata 40 anni e che non era sostenibile, e allora quale welfare per domani? E come attrezzarsi per la vecchiaia? Cohousing e residenze!
- Smettere la retorica del lavoro fisso e dello stato sociale non più sostenibile, probabilmente in futuro ci saranno due livelli di lavori: uno al livello di sussistenza dignitosa (reddito di inclusione o simili) e gli altri elevati per chi vuole e può spendere il suo talento
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